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Incursioni spaziali

Recensione del libro Stanze Ribelli_Immaginando lo spazio hacker 

di Alexander Levi e Amanda Schachter.

Dalla lettura del libro di Pekka Himanen The Hacker ethic: a radical approach to the philosophy of business (2001), gli autori Alexander Levi e Amanda Schachter costruiscono un libro caleidoscopio che interpreta dinamicamente la storia e giunge ad individuare forti connessioni tra esperienze molto diverse e lontane nel tempo.

Cosa hanno in comune i futuristi e Guy Debord, il bauhaus e l’A&A di Yale, gli hacker e Kaas Hosterhuis? La parola chiave è il gioco, l’elemento che scardina dall’interno un sistema di regole precostituite, dando nuovo impulso creativo al processo progettuale. L’atteggiamento ludico è alla base dell’esperienza degli hackers, ovvero dei programmatori contrari ad una fruizione passiva del mezzo informatico, che costantemente riformulano le regole del sistema dal proprio interno.

Una analisi astorica ci induce quindi a leggere le esperienze dei futuristi e del bauhaus come hacking-experiences, poiché interessate a porre in risalto cioè che le macchine avevano di “vitale”.

Animare la materia era l’intento di Paul Rudolph, quando all’A&A di Yale ripensa la relazione tra gli oggetti, incastonando degli object trouvé frammentati sulle pareti in cemento grezzo della scuola. La processualità open source e partecipativa degli hackers ha da sempre avuto concrete riverberazioni nello spazio della città, a partire da azioni quali: lo skating, scassinare serrature (TOOOL), giocare con le telecamere di sicurezza (SCP), manipolare cartelloni pubblicitari (BLF), organizzare raduni/festivals (What the Hack); di fatto gli hackers si trasformano in hactivists che “in quanto ribelli, si muovono nel tessuto urbano e dell’Information technology per incitare una società sempre più apatica a riconquistare e rinforzare le sue capacità di dialogo.”

Interazione sociale, sperimentazione tecnologica e  interattività sono alla base di differenti esperienze, tutte strettamente interconnesse con la cultura hacker, come quelle di: Rural Studio, MIT Media Lab, il Muscle Project di Kas Oosterhuis.

“Se la libera integrazione della tecnologia del primo Movimento Moderno e la celebrazione della vita sono stati in fine perseguiti solo da pochi individui che riuscirono a mantenere l’essenza dell’originario spirito hacker in mezzo alle sfide della compiacenza, del consumismo e della corruzione, l’attuale atmosfera della rivoluzione informatica richiede che un nuovo network di architetti-hacker delimiti nuovi spazi tecnologici e aperti prima che siano chiusi per sempre”.

Vedi Capitolo 1 Pdf

Link al libro: Libreriauniversitaria.it